Al Perpetuo Crepuscolo
Società dell’Informazione
tra propaganda e meme

24, 25, 26 Ottobre ⎯
6 Dicembre 2022

Alessandro Orlowski

Bio

Alex Orlowski è un esperto di propaganda online e OSINT. Ha cominciato a lavorare nel mondo della comunicazione in Italia e nel Regno Unito dall’età di 22 anni. Nel 2016 fonda Wateronmars (WOM Srl), una start-up italiana innovativa e un’agenzia specializzata nell’analisi dei dati, il cui obiettivo è implementare strategie di comunicazione data-driven per enti governativi o politici, organizzazioni non governative e vari brand. Con un team di sviluppatori ha creato Metatron Analytics, uno strumento di Big Data Analysis che consente di monitorare le reti sociali e di individuare reti automatizzate e account che diffondono fake news analizzando come queste informazioni sono diventate virali. Negli ultimi due anni Alex Orlowski è stato più volte citato dai media italiani ed europei per le sue indagini sulle strategie di disinformazione e sulle BOTnet, in Italia e in Spagna, e su come queste possano essere collegate alla propaganda russa. Ha anche scritto diversi articoli per la rivista Rolling Stone ed è stato ospite di Report, FanPage, PiazzaPulita e SkyTg24.
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Propaganda online e fake news: tre brevi analisi a confronto

I temi di questo intervento partono dalla mia personale esperienza lavorativa: dagli anni duemila ho iniziato a esplorare il mondo digitale e condotto studi sul comportamento degli utenti. In particolare, sulle dinamiche che spingono le persone a interagire con il contenuto, sia su un computer che su dispositivi mobili, in termini di commenti e azioni su immagini o video. La mia prima sfida era capire come misurare e comprendere il comportamento degli utenti online: la cosa più importante per me era comprendere perché alcuni video, anche se non avevano una grande qualità estetica, ottenevano risultati migliori di altri. Ho pensato che fosse il momento giusto per lanciare la mia start-up chiamata Wateronmars. Abbiamo creato uno strumento chiamato Metatron Analytics, che utilizziamo internamente o per i nostri clienti, che è uno strumento di monitoraggio e analisi dei dati degli utenti. Attualmente, la start-up è suddivisa in due parti principali. Una si concentra sul marketing digitale e sull’analisi digitale, mentre l’altra si dedica all’analisi degli estremismi e della propaganda online. Questo comprende la valutazione delle fake news e dei gruppi estremisti, sia di destra che di sinistra. Innanzitutto, vorrei discutere del termine “propaganda” e dell’uso comune del concetto di “fake news”. Le “fake news” possono essere molte cose e niente allo stesso tempo. Potremmo definirle come “disturbi dell’informazione” o “informazioni distorte.” Abbiamo identificato alcuni aspetti specifici che rientrano in questa categoria: satira manipolata, contenuti manipolati, fonti ingannevoli, contenuti inventati, contenuti fuorvianti, contesto falso, collegamenti ingannevoli. Anche se non entrerò in dettaglio su ognuno di questi punti, si possono già comprendere le loro implicazioni a livello globale, date le interconnessioni presenti oggi. Nel contesto di questa discussione sulle “fake news” e la propaganda, è fondamentale comprendere come i canali di comunicazione online siano stati sfruttati in situazioni di conflitto e instabilità. Un esempio può essere quello della propaganda talebana. Quando i talebani hanno preso il controllo di Kabul nel 2021, la mia startup ha iniziato ad analizzare l’andamento dei loro leader sui social media, notando un incremento significativo di follower. Ciò che ha suscitato la mia attenzione è che molti di questi nuovi account erano stati creati esattamente in concomitanza con gli avvenimenti. Alcuni erano stati creati addirittura prima dell’invasione, come se fosse noto che si doveva preparare una sorta di campagna di propaganda online. Molte delle informazioni che hanno condiviso sembravano intenzionali da parte dei talebani, mirando a trasmettere un’immagine positiva. In altre parole, hanno cercato di compiere un’operazione di immagine e propaganda per mostrare di essere individui innocui che stavano per la prima volta entrando in contatto con aspetti occidentali della cultura, nonostante alcuni atti discutibili. Tuttavia, hanno costantemente negato l’attuazione di misure oppressive una volta giunti al potere a Kabul. È interessante notare che l’analisi dei dati ha evidenziato picchi significativi non solo nel numero di follower, ma soprattutto nel numero di nuovi account creati. Durante l’invasione, sono emersi picchi straordinari, con l’emergere di circa diecimila nuovi account ogni tre o quattro mesi. Questi account erano principalmente coinvolti nella condivisione dei contenuti dei talebani. Un altro aspetto affascinante è che i talebani utilizzano tre lingue diverse per comunicare: pashto, arabo e inglese. Ciò è emerso chiaramente dai dati, e ciò dimostra l’attenzione che dedicano alla diffusione della loro propaganda su scala internazionale. Va notato comunque che gran parte di questi account hanno scelto Facebook come social su cui muoversi, con anche un interesse verso Twitter. È interessante sottolineare che gli account Twitter, sebbene singolarmente attivi, erano comunque gestiti in modo centralizzato — ed è ben presente il fenomeno degli account sock puppets, ovvero account multipli creati per manipolare il dibattito. Questo significa che le attività sui social media dei taleb ani non erano del tutto spontanee, ma avevano un coordinamento centrale. Un ulteriore aspetto da considerare riguarda la qualità dei meme utilizzati dai talebani, alcuni dei quali hanno mostrato segni di occidentalizzazione dei contenuti. Questo potrebbe essere attribuito al coinvolgimento di individui, tra cui ex-afghani talebani che risiedono all’estero o sono legati a gruppi di radicalismo islamico. Tornando alla propaganda, vorrei menzionare l’aspetto dell’estetica dei loro contenuti visuali. Alcuni dei materiali di propaganda terroristica sono realizzati con grande maestria dal punto di vista estetico, cercando di attrarre individui moderati o religiosi verso l’islamismo radicale. Un altro esempio che è possibile fare è quello della propaganda social di gruppi di criminalità organizzata. Vorrei soffermarmi sul Messico, in particolare sul cartello di Sinaloa. Il Cartello è noto per aver creato dei codici numerici e degli hashtag per definire alcune situazioni online. Ad esempio, il leader El Chapo Guzman viene chiamato in codice “701” e l’hashtag correlato è “#settecentouno.” Questo termine deriva dal fatto che qualche anno fa la rivista Forbes lo ha classificato come il 701º uomo più ricco al mondo. Da allora, in codice, i membri del Cartello utilizzano l’hashtag “#settecentouno” per identificare un proprio coinvolgimento nel cartello di Sinaloa. Oltre a questo, ci sono altri codici e parole in codice utilizzati dalle persone coinvolte, identificando milioni di follower. Il cartello lavora sulla glorificazione delle famiglie narcos e cerca di reclutare giovani nelle proprie fila. Altre analisi sono state effettuate su TikTok, in quanto i narcos si sentivano più sicuri su questa piattaforma meno soggetta ai controlli che affliggevano altre reti sociali. La potenza virale del cartello di Sinaloa è impressionante, soprattutto su questo social, dove possiamo notare innumerevoli video nei quali molti rampolli mostrano il loro stile di vita all’eccesso Video virali su TikTok inerenti al Cartello di Sinaloa. Qui possiamo poi notare come alcuni contenuti inappropriati e violenti siano rimasti online nonostante le normative delle piattaforme social, il che solleva non poche preoccupazioni riguardo all’efficacia degli algoritmi di moderazione e il posizionamento riguardo alcuni temi sociali da parte delle stesse piattaforme. Come sappiamo, infatti, le piattaforme social utilizzano metriche come il numero di clic, le condivisioni e la rapidità con cui vengono condivisi i contenuti. Queste metriche contribuiscono a mantenere alta l’attenzione degli utenti e, in molti casi, possono portare alla polarizzazione e all’estremismo. In precedenza, erano attivi su Twitter, dove avevano lasciato molte tracce e account inutilizzati. Alcuni di loro erano anche presenti su VK, il social network russo, che viene utilizzato ampiamente per la propaganda. In tutte le piattaforme utilizzate, i narcos hanno adottato una narrativa moderna, utilizzando graffiti e stencil per raffigurare El Chapo Guzman e diffondere il loro messaggio. E infatti, i narcos hanno anche utilizzato i social media per promuovere il loro vero e proprio marchio — un effettivo brand portato avanti da una delle figlie del capo dei Narcos. Attraverso l’hashtag #settecentouno il cartello ha portato avanti strategie di marketing sofisticate e venduto prodotti di consumo e di vestiario, come cappellini e magliette. Inoltre, durante il COVID-19, distribuivano cibo e denaro alla popolazione utilizzando scatole pre-confezionate. Era possibile richiedere queste scatole semplicemente chattando su Facebook o Instagram: hanno quindi sfruttato la loro popolarità online per agire nell’offline, dimostrando una grande capacità nel costruire una loro narrativa personale.
Per tornare, infine, su un esempio italiano della propaganda online, possiamo portare l’esempio di Luca Morisi con Matteo Salvini e la Lega. Luca Morisi è stato lo spin doctor di Salvini, ed è stato considerato un visionario nel campo del marketing politico, con un notevole impatto sulla comunicazione politica italiana, specialmente attraverso l’uso di slogan, hashtag e strategie innovative di coinvolgimento degli utenti che ha utilizzato nella sua Bestia, ovvero la ormai ex-macchina propagandistica della Lega. Gli anni in cui è stata maggiormente utilizzata sono stati dal 2016 fino al 2021, con un lento declino. #VinciSalvini, tra le strategie di Morisi, 2018. Esiste una traccia del primo post della macchina automatica programmata da Morisi per la Lega, che riguarda l’automazione di account di twitter. Tramite un annuncio online sul sito web ufficiale di Matteo Salvini, con cui collabora già dal 2014, Morisi lancia una sorta di azione collettiva che permetteva ai visitatori di registrarsi su Twitter con un semplice bottone. In questo modo l’account di Twitter diventava un “bot” che twittava automaticamente hashtag a favore di Salvini (in questo caso, #RenziACasa). Il picco di retweet della Bestia è stato appunto nel 2018, quando Salvini vince le elezioni, dopodiché l’engagement da parte dei follower scende al livello del 2016, quando l’account aveva ovviamente molti meno follower. L’episodio della Bestia ha sollevato negli anni preoccupazioni sulla manipolazione dell’opinione pubblica italiana attraverso i social e la trasparenza delle strategie politiche: la tecnologia utilizzata in questo modo può avere un impatto significativo sulla percezione della realtà e sulla formazione delle opinioni degli elettori. La storia di Morisi ci ricorda anche quanto velocemente il panorama politico sia in evoluzione e richiama alla mente altri eventi significativi legati ai social media e alla politica, come lo scandalo di Cambridge Analytica del 2016. Tali eventi hanno dimostrato l’importanza di regolamentazioni più rigorose sulla gestione dei dati personali e sulla pubblicità politica online al fine di proteggere la democrazia e la trasparenza nelle elezioni.

Bio

Alex Orlowski è un esperto di propaganda online e OSINT. Ha cominciato a lavorare nel mondo della comunicazione in Italia e nel Regno Unito dall’età di 22 anni. Nel 2016 fonda Wateronmars (WOM Srl), una start-up italiana innovativa e un’agenzia specializzata nell’analisi dei dati, il cui obiettivo è implementare strategie di comunicazione data-driven per enti governativi o politici, organizzazioni non governative e vari brand. Con un team di sviluppatori ha creato Metatron Analytics, uno strumento di Big Data Analysis che consente di monitorare le reti sociali e di individuare reti automatizzate e account che diffondono fake news analizzando come queste informazioni sono diventate virali. Negli ultimi due anni Alex Orlowski è stato più volte citato dai media italiani ed europei per le sue indagini sulle strategie di disinformazione e sulle BOTnet, in Italia e in Spagna, e su come queste possano essere collegate alla propaganda russa. Ha anche scritto diversi articoli per la rivista Rolling Stone ed è stato ospite di Report, FanPage, PiazzaPulita e SkyTg24.
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