Al Perpetuo Crepuscolo
Società dell’Informazione
tra propaganda e meme

24, 25, 26 Ottobre ⎯
6 Dicembre 2022

Mattia Salvia

Bio

Mattia Salvia ha lavorato come giornalista nelle redazioni di VICE e Rolling Stone. Nel 2019 ha fondato Iconografie, rivista sullo spirito del tempo presente, di cui è editor. È l’autore di “Interregno. Iconografie del XXI secolo” (NERO, 2022).
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Meme talebani

Partendo dal titolo del seminario, in questo intervento ho deciso di parlare di uno degli argomenti che tratto nel mio libro Interregno. Iconografie del XXI secolo, ovvero la questione dei meme talebani e di tutto ciò che ci gira intorno, partendo da alcune immagini diventate super virali nell’estate del 2021. Durante quell’estate, dopo vent’anni di occupazione, gli statunitensi si ritirano dall’Afghanistan e nel giro di circa due giorni il Paese torna in mano ai talebani. Più che sull’evento in sè, l’attenzione mediatica di tutto il mondo in quei giorni si concentra sulle espressioni comunicative che accompagnano l’evento dal punto di vista dei talebani, dal punto di vista afghano. In quel periodo vediamo quindi una serie di contenuti che diventano estremamente virali praticamente solo in Occidente, che possono essere descritti come contenuti in cui i talebani fanno dei prank. Uno di questi è questa fotografia, parte di un set propagandistico rilasciato da fonti non ufficiali dei talebani, bendì da qualche militante, in cui si presentano armati fino ai denti su dei pedalò a forma di cigno nella provincia di Bamiyan. Talebani al parco nazionale Band-e Amir, 2021. Queste fotografie sono state “fatte dal basso”, diffuse per volontà dei militanti talebani, che hanno talmente oltrepassato il livello di mediaticità da essere rifatte in modo molto ufficiale da un fotografo della AFP, dell’Agence France-Presse. Ciò testimonia come questo contenuto scattato per caso, probabilmente con un cellulare, in realtà abbia un valore intrinseco tale per cui poi il fotografo è tornato con la sua apparecchiatura e fa mettere in posa i talebani nella stessa situazione. Oltre a questo si diffondono tantissimi contenuti simili: video di talebani sugli autoscontri; video di talebani che, dopo aver conquistato una base statunitense, vanno nella palestra della base americana e giocano con i macchinari, filmandosi mentre fanno esercizi. Talebani in una palestra di una base militare statunitense, 2021. Queste immagini sono diventate virali per un motivo fondamentale: quelli che vedevamo in questi video non ci confermavano l’immagine dei talebani che avevamo noi occidentali. Ciò succede perché questa nostra immagine era ancora legata al 2001, all’invasione dell’Afghanistan. Per noi occidentali i talebani erano dei barbuti fondamentalisti islamici con i turbanti e con i kalashnikov che vivono nelle grotte, associati a Osama Bin Laden. Quando pensavamo ai talebani, in Occidente pensavamo a un gruppo armato che reprime le minoranze, le donne, completamente alieno rispetto a quello che è l’occidente. C’era una sorta di shock, come se noi fossimo dei borghesi che vengono scandalizzati da classi popolari che fanno qualcosa che ci fa storcere il naso. Allo stesso tempo, però, questi video hanno tutti una caratteristica comune: i talebani che comparivano in questi video non erano né il gruppo armato che aveva appena vinto una guerra durata vent’anni, né i futuri leader competenti, o perlomeno che si volevano mostrare come competenti moderati per far meglio digerire all’opinione pubblica internazionale la loro presa di potere. E ancora, non erano nemmeno i mostri intolleranti oscurantisti dipinti dai media occidentali; non erano niente di tutto questo, erano persone comuni. Una ricercatrice di sociologia che si occupa di meme all’Università di Edimburgo, Idil Galip, ha parlato di questi contenuti, definendoli “iper-reali”: prima di tutto non venivano condivisi con un intento propriamente politico — non era propaganda esplicita —, ma allo stesso tempo involontariamente finivano per fare propaganda. Tali contenuti erano condivisi perché avevano una una certa assurdità intrinseca, una stranezza data dal fatto che non si capiva bene che tipo di immagine volessero diffondere. I talebani si rappresentavano in un certo modo, mentre noi in Occidente li rappresentavano in un altro — la rappresentazione di questi contenuti non era né l’una né l’altra. La domanda fondamentale suscitano questi contenuti è: perché sono iper-reali? Dove sta la stranezza? Un caso studio particolare che si può utilizzare come per rispondere a questa domanda sono proprio i meme talebani. Bisogna specificare che questi meme non erano creati dai talebani. Si diffondono su Twitter e Reddit con la definizione di meme talebani e gli utenti mettono like, li retwittano, li condividono perché pensano che siano prodotti dai talebani. In realtà sono tutti contenuti che vengono semplicemente riportati da persone simpatizzanti dei talebani con base in Afghanistan. Le vicende storiche sono molto semplici: esiste qualche account di personaggi afghani basati a Kabul che fino al Ferragosto del 2021 utilizzavano Twitter come lo utilizzano molti afghani, ossia scrivevano in lingua pashtun e condividevano contenuti relativi alla situazione politica del paese, quindi relativi all’avanzata dei talebani in Afghanistan. In alcuni casi ritwittavano i contenuti dell’Agenzia di Stampa dell’Emirato islamico dell’Afghanistan, ma rimanevano di nicchia e non virali. Due personaggi diventati virali, in particolare, utilizzavano Twitter in modo molto normie. Uno di questi, Qaser Bakhaly, posta un meme di Pepe The Frog vestito da esponente della cultura talebana. L’immagine diventa virale, arrivando a numeri molto più grandi di quelli a cui il suo account era abituato con i suoi contenuti standard. Meme di Qaser Bakhaly, 2021. Da lì Bakhaly e altri personaggi iniziano a postare soltanto meme. Solo che questi meme non sono prodotti da loro: li trovano su una serie di spazi online, poi definiti Islamogram, ovvero spazi di Reddit, Discord, Telegram, Instagram, che sono un po’ l’equivalente islamico dell’Alt-Right. Sono frequentati da giovani islamisti radicali che utilizzano gli stessi stilemi comunicativi dell’Alt-Right occidentale trasposti nel contesto dell’estremismo islamico. Questi personaggi prendono da lì i contenuti e li riportano nei loro spazi online, spesso su Twitter. Man mano che la loro viralità aumenta, iniziano a cercare anche altrove, come ad esempio negli spazi legati all’Alt-Right statunitense e occidentale, i nostri estremisti. Un altro esponente di questa tipologia di contenuti è Malang Khostay, autodefinitosi ministro dei meme talebani, in un’intervista che ha concesso a Daily Beast nei giorni successivi alla sua viralità, afferma di essere soltanto un simpatizzante. Non aveva alcun ruolo ufficiale, però allo stesso tempo si era trovato suo malgrado a rivestire un ruolo importante nella propaganda del gruppo, in quanto era l’unico talebano che riusciva a parlare al pubblico occidentale con un linguaggio comprensibile. Khostay rilascia infatti interviste a testate occidentali, partecipa a spazi su Clubhouse come esperto di Afghanistan e di talebani insieme a gente occidentale. Il contenuto di questi meme è quello che ci aspetteremmo anche dall’Alt-Right: ci sono prese in giro dell’Occidente, omofobia, misoginia, anti femminismo. Insomma, in generale la celebrazione di un passato puro, dignitoso e naturale rispetto al mondo di oggi, che sarebbe degenerato per colpa della modernità, unito a molta ironia. Il primo esempio parla dei diritti delle donne, e possiamo vedere una trollface islamica con la barba e il turbante, chiaramente anti-femminista. Trollface islamica anti-femminsita. Oppure, questo meme mostra la frase “L’Islam è omofobo” e il talebano conferma, nel classico standard del meme Big Chad che rivendica un concetto. Chad-lebano omofobo. Ancora, in altre immagini ci sono proposte di redesign della bandiera degli Stati Uniti in accordo alla legge islamica. Ridisegno islamico della bandiera degli Stati Uniti. Il vero protagonista di tutti questi meme è però il Chad-lebano o Taleban Chad, che è una derivazione del meme del Chad, che sarebbe il maschio alfa che si rivendica tutto e non ha paura delle sue convinzioni, in versione ovviamente talebana: è vestito col costume tradizionale afghano, con la la banda bianca con la shahada al braccio. Virgin-ISIS vs Chad-lebano. Ci sono poi una serie di descrizioni che lo riguardano. C’è una contrapposizione tra il Chad-lebano e il supporter dello Stato Islamico “Virgin”, che rispecchia la rivalità interna tra talebani e l’affiliato locale dello Stato Islamico. Quindi qui possiamo leggere: “Combatte da solo contro la NATO e vince”, “Rispettato e ammirato dalle altre organizzazioni terroristiche”, “Parzialmente responsabile per il collasso dell’unione sovietica e non se ne vanta nemmeno”. Il Chad-lebano è assurto a simbolo di autonomia e fierezza di una cultura locale che si contrappone in modo consapevole alla modernità di marca occidentale, che se ne frega se l’occidente lo scomunica, se lo tratta come un barbaro, se lo tratta come arretrato. Tutti gli insulti che l’occidente gli riserba sono intesi come complimenti, perché ha un sistema morale che è completamente opposto rispetto a quello occidentale. Il Chad-lebano che compare anche in questo meme, in cui abbiamo il Giga-chad con il turbante contro il Virgin, la cui faccia è sovrapposta a quella di uno dei Buddha di Bamiyan — che sono delle enormi statue di Buddha distrutte dai talebani nel 2001. Chad-lebano vs Buddha di Bamiyan. È molto interessante vedere come in questo meme convivano e si mescolino elementi comunicativi occidentali come il Giga-chad e la piattaforma Twitter. C’è invece un substrato culturale che è puramente afghano perché è la contrapposizione tra talebani e Buddha di Bamiyan, un elemento culturale tipico dell’Afghanistan. Dobbiamo ricordare che questi meme non sono talebani. Questo probabilmente è un meme talebano completo, ma allo stesso tempo non è probabilmente stato creato in Afghanistan, bensì da simpatizzanti occidentali della causa talebana. Quando i primi meme talebani iniziano a diffondersi si crea una sorta di interscambio costante tra gli spazi online degli estremisti islamici e quelli dell’Alt-Right. I temi più classici dei meme talebani e della loro comunicazione sono temi che, a parte il redesign islamico delle bandiere degli Stati Uniti, potrebbero benissimo essere incorporati in comunicazione dell’Alt-Right occidentale, dato che condividono la stessa prospettiva rispetto alla modernità. Non sono entrambi omofobi, entrambi maschilisti per puro caso, ma perché entrambi si posizionano in un certo modo rispetto alla modernità, rispetto al declino dell’Occidente. Entrambi percepiscono una corruzione a cui contrapporre un ritorno a un passato che viene idealizzato. La culture war condotta dagli influencer talebani nelle settimane subito dopo la guerra vera e propria che porta alla riconquista dell’Afghanistan utilizza le stesse tematiche e gli schemi con cui l’Alt-Right ha attaccato la degenerazione della cultura occidentale, ad esempio nel 2016, dopo l’ascesa trumpista. La scelta degli influencer talebani si verifica più o meno allo stesso modo. Si nutre, anche in questo caso, di sottoculture online tossiche, di angoli di internet frequentati da estremisti i cui contenuti vengono presi, riciclati e buttati nel mainstream e poi trovano dei punti di contatto con l’estrema destra occidentale. Infatti, per le comunità dell’Islamogram, la conquista talebana dell’Afghanistan ha la stessa identica funzione che nel 2016 aveva avuto per l’Alt-Right americana l’elezione di Trump: in quell’anno altri avevano visto in Trump il loro campione — tant’è che Trump aveva ritwittato un meme in cui c’era lui stesso sotto forma di Pepe —, oltre a molteplici altri casi di suoi legami con quella galassia e con i vari personaggi come Malang Khostay e Qaser Bakhaly. La vittoria dei talebani ha avuto lo stesso valore. La vittoria del trumpismo, rispetto ai suoi sostenitori, ha avuto un atteggiamento di sostegno: Trump ha incluso Steve Bannon, ex-direttore di Breitbart News, nella sua squadra alla Casa Bianca — anche se per poco. Dal punto di vista dei talebani vincitori, invece, le comunità di memer e shitposter filo-talebani saranno invece rigettate e non accolte. La questione fondamentale alla base della possibilità che uno shitposter statunitense filo-trumpista e uno shitposter afghano filo-talebano si incontrino a metà strada e instaurino una proficua collaborazione, ha come presupposto il fatto che l’atteggiamento dell’estrema destra occidentale nei confronti dei talebani — e dai talebani nei confronti dell’estrema destra occidentale — sia cambiato negli ultimi vent’anni. La concezione dell’Islam da parte della destra nel decennio successivo l’attacco dell’undici settembre era tendenzialmente islamofoba — facile pensare a Oriana Fallaci che scriveva i suoi pamphlet contro l’Islam. La destra si percepiva come una crociata a difesa dei confini precisi della propria comunità, al di fuori dei quali c’erano i barbari e l’estrema destra islamica: gli islamisti radicali erano fondamentalmente dei barbari per le destre. Eppure, nell’ultimo quindicennio questo è cambiato; adesso sia l’uno che l’altro si vedono come espressione dell’estrema destra di un’altra cultura e quindi c’è la possibilità di avvicinarsi. I meme talebani sono stati uno degli degli strumenti culturali con cui si è consolidato questo processo, hanno servito da ponte e veicolo di scambio e contaminazione ideologica tra questi due mondi. Tant’è che lo shitposter talebano Malang Khostay è diventato l’idolo dell’Alt-Right occidentale. Molti dei follower ottenuti dopo che è diventato virale erano esponenti dell’Alt-Right occidentale che frequentavano quel mondo, non erano afghani. Ciò succede perché i loro contenuti sono diventati interscambiabili, hanno dei temi comuni e si parlano in base alla percezione di un declino legato alla modernità e di un rifiuto della modernità. Questo poi agiva anche all’opposto, perché nel mondo degli influencer talebani non è non era solo l’Alt-Right che prendeva gli influencer talebani come esempio, ma erano anche loro che a loro volta si contaminavano con i contenuti della nostra estrema destra. Per cui, ad esempio, personalità come Alex Jones di Infowars, un giornalista complottista statunitense, era diventato anche lui un idolo degli estremisti afgani. Nelle chat di Telegram frequentate dai talebani erano comparsi degli sticker con immagini di Hitler con svastiche, il che sottolinea come anche i simboli dell’estrema destra occidentale vengano ripresi dall’estrema destra di un’altra cultura. Tra gli esempi più interessanti che spiegano meglio questo concetto troviamo questo meme postato da Malang Khostay. Meme di Malang Khostay. Possiamo vedere i personaggi del crociato cristiano e del soldato musulmano che decidono di combattere insieme contro il ragno ebreo, i comunisti, gli anarchici, le femministe, i tatuati e Black Lives Matter — tutti esponenti della “degenerazione dell’Occidente”. Vi è addirittura una citazione sottostante con il profeta che dice: “farai pace con i romani e combatterai insieme a loro un nemico che viene da dietro, un altro nemico”. Questa convergenza non ci deve stupire. La storica Suzanne Schneider, autrice del libro del 2021 The Apocalypse and the End of History, afferma che non dobbiamo guardare al jihadismo e all’estremismo islamico come un fenomeno culturale solo legato alla storia dell’Islam, bensì bisogna inquadrarlo come un fenomeno da interpretare anche in base alla nozione occidentale di fine della storia e della crisi di tale nozione. Per cui il jihadismo è una forma localmente e culturalmente specifica di risposta alla stessa crisi storica di fronte alla quale in Occidente troviamo invece da una parte il nichilismo neoliberale del There Is No Alternative e dall’altra parte il nichilismo apocalittico che prende varie forme, tra cui l’estremismo di destra, la rivolta populista, lo stesso Trump. Da una parte c’è il MAGA, Make America Great Again, e dall’altra c’è lo Stato Islamico che cerca di fare Make Islam Great Again. Così come Trump rimanda a riportare in auge un passato perduto e puro, allo stesso tempo il jihadismo contemporaneo fa lo stesso nei confronti di un passato che però appartiene alla cultura islamica. Andando oltre la base teorica e filosofica, è necessario guardare ad altre stratificazioni di significato. A livello comunicativo, il motivo per cui i meme talebani sono diventati virali non può essere compreso senza introdurre il concetto di monopolio del diritto di parola globale, che è stato sviluppato dall’accademico cinese Zhang Boying. Secondo Zhang, dopo la seconda guerra mondiale, l’Occidente a guida statunitense ha sfruttato la sua posizione di preminenza in termini militari, economici e politici per occupare una posizione privilegiata nei mezzi di comunicazione di tutto il mondo e arrivare a controllare l’opinione pubblica e le idee delle persone, trasformando in unità di misura universale il proprio sistema economico politico, legittimando gli altri Paesi in base alla loro aderenza adesso ed esportando nel resto del mondo i propri valori. Il concetto di Zhang non è altro che una riscrittura contemporanea del famoso adagio di Marx ed Engels ne L’ideologia tedesca, ovvero che le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti: la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante. Nell’ultimo secolo, la potenza materiale dominante nella società è stato l’Occidente a guida statunitense, mentre dalla crisi petrolifera del 1973 agli anni ottanta questa potenza materiale ha iniziato a perdere il suo dominio — e abbiamo potuto assistere a fenomeni quali l’ascesa dell’Asia, ad esempio. C’è da sottolineare che se la potenza materiale dominante inizia a declinare, declinerà anche la sua potenza spirituale. Ciò che nell’ultimo secolo era un monopolio del diritto di parola, ovvero la produzione culturale a livello globale dagli anni cinquanta in poi sempre centrata sull’Occidente a guida statunitense, comincia a rompersi. Di conseguenza cominciano a diventare centrali sempre più di frequente contenuti prodotti da altri centri, subalterni ma comunque in competizione con il centro dominante. Pensiamo a qualche esempio dell’ultimo periodo: Parasite vince l’Oscar, Squid Game diventa una sensation a livello mondiale, al punto che in tutto il mondo c’è del merchandising ed esperienze di vario tipo ispirate a Squid Game. Abbiamo quindi un prodotto culturale che proviene da un altro centro che assurge ai livelli che prima riguardavano soltanto i prodotti di Hollywood, quello che era il centro principale. Il focus qui è però che, oltre a prodotti specifici, anche i linguaggi e i mezzi che in Occidente abbiamo sempre percepito come nostri, come puramente occidentali, si diffondono a macchia d’olio in tutto il mondo nel periodo di dominio occidentale. Nel momento in cui il monopolio di parola globale viene meno, questi linguaggi vengono sempre più imbastarditi, contaminati da elementi culturali e forme comunicative locali. Non sono più utilizzati per parlare di noi: sono utilizzati, ad esempio, dagli afghani per parlare di Afghanistan; oppure vengono addirittura utilizzati da altri per prenderci in giro. I meme talebani sono un esempio lampante di questa dinamica. Sono meme che hanno strutture precisamente occidentali, ovvero legate sia a Internet che si sviluppa in modo molto dipendente rispetto all’egemonia statunitense — a partire dalle stesse piattaforme social che sono giganti tecnologici statunitensi — che allo stesso tempo vengono innervate da elementi delle culture locali. Per questo il maschio alfa contro il maschio beta piagnucolone qui si trasforma in talebano maschio alfa contro il Buddha di Bamiyan che diventa la versione afghana di quello che per noi sarebbe il maschio beta piagnucolone. La rottura del monopolio globale del diritto di parola occidentale fa sorgere una sorta di pidgin, cioè la lingua che nelle nelle ex colonie nasce dall’incontro tra la lingua del colonizzatore e gli idiomi locali — producendo una lingua che è una via di mezzo praticamente inintellegibile ai parlanti inglesi, ma allo stesso tempo diversa dalle lingue locali. Quindi possiamo notare tale fenomeno nell’ambito culturale con i meme talebani, la prima espressione iconica e memetica di questo cambiamento. Il risultato è uno shock cognitivo, perché in quanto occidentali siamo stati abituati a pensare all’Occidente come la totalità del mondo negli ultimi quarant’anni. Ciò non è più vero, perché le condizioni per cui potevamo pensarci in quel modo sono cambiate. Torniamo quindi a uno dei punti di partenza, del perché noi fino all’agosto del 2021 avessimo un’immagine dei talebani ereditata dal 2001, quindi dei barbuti sulle Toyota coi kalashnikov e i caffetani. C’è da sottolineare, inoltre, di come abbiamo un’immagine antiquata anche della totalità del mondo, di quella che è la comunità internazionale, che risale alla cosiddetta “epoca della fine della storia”, che risale agli anni novanta e primi duemila. The International Community you always hear about. Il meme The international community you alway hear about esprime il tema della “fine della storia”, mostrando la comunità internazionale soltanto nei termini dell’America del Nord, dell’Europa occidentale, dell’Australia, del Giappone e della Nuova Zelanda. Questo meme è diventato abbastanza iconico tant’è che a settembre 2022 è stato condiviso da un diplomatico cinese; ed è emblematico perché fotografa quella che era effettivamente l’estensione della comunità internazionale negli ultimi quarant’anni. Fino ad ora abbiamo vissuto un periodo che il politologo Francis Fukuyama ha definito “fine della storia”, ossia di egemonia occidentale a guida statunitense, senza più sfide sistemiche e condizionata da unipolarismo. Per tutti gli altri Paesi fuori da questo gruppo ristretto di Stati che vediamo nel meme le scelte erano fondamentalmente l’obbedienza in termini subalterni al sistema vigente, oppure una resistenza che però era condannata alla sconfitta. Per cui, accanto ai discorsi sulla “fine della storia” c’erano anche in parallelo i discorsi sull’asse del male che in quel caso erano Iraq, Corea del Nord, Iran; i quali sancivano come questi Stati fossero in una posizione subalterna rispetto all’Occidente, oppure fossero uno Stato “canaglia” che prima o poi sarebbe stato invaso, rovesciato e portato con la forza in posizione subalterna rispetto agli Stati occidentali. Possiamo sicuramente affermare che questa è un’immagine del mondo che non è più vera, come testimoniano anche gli ultimi sviluppi di politica internazionale. Ciò è il punto di partenza per cui questo meme può avere senso: soltanto oggi riusciamo a vedere che questa immagine della comunità internazionale era un’ideologia e non una realtà oggettiva. Ed è proprio questa percezione che fa sì che questo meme abbia senso per noi. Se prendessimo questo meme e lo guardassimo con occhi degli anni novanta o degli anni zero, non avremmo colto la battuta, perché all’epoca avevamo talmente introiettato l’ordine internazionale vigente che il contenuto ci sarebbe sembrato tautologico. Questo concetto è stato anche espresso da David Adler, economista politico e coordinatore dell’Internazionale Progressista del Guardian. In uno dei suoi articoli sostiene questa stessa teoria: mentre in passato le opzioni per gli altri Stati erano l’obbedienza oppure la resistenza, adesso esiste una terza possibilità, quella della neutralità. Questa dà agli altri Stati la possibilità di essere agenti autonomi nel sistema internazionale, per cui è la chiave di una reale indipendenza. L’esistenza di questa terza opzione è il motivo fondamentale per cui oggi possiamo parlare di meme talebani; se vivessimo ancora nel mondo rappresentato da questo meme, non avrebbe neanche senso parlarne, perché non avrebbero la possibilità di esistere. Talebani che “rubano” meme occiedentali. Concludo con quest’ultima immagine, molto ironica, che mostra come i talebani “rubino” i meme a noi occidentali, da r/PoliticalCompassMemes — un subreddit di politica occidentale. Qui i due talebani sono rappresentati nei termini di un meme occidentale: nell’immagine originale i due personaggi sono due ragazzi occidentali che indicano tedeschi o statunitensi, mentre invece qui sono due talebani. Nell’immagine originale i due personaggi indicano qualcosa che li sconvolge in quanto occidentali, mentre in questo caso sono i due talebani che rimangono esterrefatti di qualcosa in quanto talebani: assistiamo a un ribaltamento completo.

Bio

Mattia Salvia ha lavorato come giornalista nelle redazioni di VICE e Rolling Stone. Nel 2019 ha fondato Iconografie, rivista sullo spirito del tempo presente, di cui è editor. È l’autore di “Interregno. Iconografie del XXI secolo” (NERO, 2022).
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